Consumo di suolo e patrimonio edilizio

La realtà territoriale della metropoli è caratterizzata da un policentrismo che vede l’integrazione tra edilizia residenziale e non residenziale. Questa tendenza all’urban sprawl, che ha portato ad uno sviluppo disaggregato fuori dalle polarità urbane, trova ragione nei costi più contenuti delle abitazioni e nella volontà di insediarsi in territori meno caotici e meno inquinati. Solo a partire dal 2001 questa tendenza ad investire al di fuori dei centri urbani delle città vede una diminuzione. Nonostante ciò si ha come la percezione che la città compatta sia vista come un luogo di consumo, attraversato da ondate di city users attirati principalmente da motivi di studio, lavoro e turismo (caso emblematico è Venezia).

In effetti, secondo le recenti elaborazioni della Regione Veneto su dati ISTAT 2011, le tre città capoluogo continuano ad essere meno attrattive delle loro province. Il territorio metropolitano deve pertanto essere letto nella sua interezza in quanto forte di una dinamicità economica ed occupazionale diffusa.

Proprio per queste ragioni, già dal 2010, la Fondazione Gianni Pellicani ha iniziato uno studio dello stock edilizio, analizzando dapprima l’area definita come “Metropoli del Passante” (ovvero l’area delimitata dalla nuova arteria autostradale) ed ora estendendo il metodo di ricerca all’intera “Città Metropolitana di Venezia”.

I comuni di Venezia e Padova rappresentano, secondo le elaborazioni della Regione Veneto su dati ISTAT 2001, ambiti con un alto grado di urbanizzazione e cioè, come definite da Eurostat, zone densamente popolate, costruite per aggregazione di comuni contigui, a densità superiore ai 500 ab./km2 e con almeno 50.000 abitanti. L’area metropolitana si contraddistingue per l’elevata densità di popolazione di molti suoi comuni. La crescita e la diffusione delle aree urbane e il conseguente potenziamento delle infrastrutture a scapito degli spazi agricoli ha causato un aumento dei fabbisogni di trasporto (vedi capitolo Mobilità) ed una congestione diffusa, ma anche l’aumento delle emissioni inquinanti, oltre al depauperamento del patrimonio storico e paesaggistico.

La Regione Veneto nel Programma Regionale di Sviluppo (L.R. 5/2007) parlando di “ricomposizione del territorio” affermava che il modello insediativo diffuso ha generato situazioni di illogica sottrazione di aree all’attività agricola e ambientale e un marcato disordine insediativo. Citando la legge: “il perseguire ancora processi di “spontaneismo” insediativo porterebbe ad uno stato di congestione endemica e conflittualità permanente fra usi diversi con costi notevoli per il sistema economico e sociale”. Secondo l’Indagine sul Consumo di suolo nel periodo 1983 – 2006 (Osservatorio Regionale – Unità di Progetto SIT Cartografia, 2007), nel periodo 1996 – 2006 il dato complessivo di consumo di suolo della Città Metropolitana di Venezia ammonta a circa 54 km2 (Venezia 24,0 km2; Treviso 14,5 km2; Padova 15,2 km2) equivalenti a circa l’estensione del comune di Treviso (55,5 km2). Si stima che nel 2007 la superficie urbanizzata complessiva della Città Metropolitana di Venezia, escludendo dal conteggio la Laguna di Venezia, rappresenta circa il 20% del territorio.

L’edificazione di questa porzione di territorio veneto ha conosciuto la sua fase di massima espansione nel secondo dopoguerra e in particolare nel periodo che va dalla metà degli anni ‘40 agli inizi degli anni ‘70.

Analizzando nel dettaglio il periodo dal 1983 al 2007 la crescita complessiva per le tre province è stata del 18% e dal 1996 al 2007 dell’ 8%. Sia per la provincia di Padova che per Treviso la crescita dal 1983 al 2007 è stata del 15% mentre per la provincia veneziana addirittura del 25% (Figura 18).

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Figura 18: Crescita percentuale della superficie urbanizzata dal 1983 al 2007, nelle tre province di PD, TV e VE.
Elaborazioni Theorema per Fondazione Gianni Pellicani su dati Regione del Veneto e Corine Land Cover

 

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Figura 19: Crescita percentuale della superficie urbanizzata dal 1983 al 1996 e dal 1996 al 2007, nelle tre province di PD, TV e VE.
Elaborazioni Theorema per Fondazione Gianni Pellicani su dati Regione del Veneto e Corine Land Cover

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Figura 20: Crescita della superficie urbanizzata concentrata intorno al Passante di Mestre al 2010.
Elaborazioni Theorema per Fondazione Gianni Pellicani su dati Regione del Veneto e Corine Land Cover

I comuni che, in questi ultimi anni, hanno conosciuto la maggiore urbanizzazione (intesa come somma di zone urbanizzate, zone industriali e commerciali, reti stradali e ferroviarie, porti, aeroporti, cantieri, zone estrattive e discariche) sono principalmente i piccoli comuni con una presenza in origine di una quantità di costruito molto bassa rispetto alla superficie territoriale complessiva. In effetti il dato riguardante la crescita di superficie urbanizzata non suggerisce quale sia la percentuale di costruito in un territorio. Ben più interessante è la lettura dei comuni per percentuale di suolo urbanizzato rispetto alla propria superficie totale. In questo caso risulta che il comune di Padova è il comune con maggiore superficie urbanizzata rispetto alla propria superficie territoriale (61% di sup. urb.). Nella classifica segue il comune di Noventa Padovana (58%) e quindi gli altri due capoluoghi di provincia: Venezia (51%) e Treviso (48%).

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Figura 21: Percentuale di urbanizzato nel 2007 e crescita superficie urbanizzata tra il 1996 e il 2007, nelle tre province di PD, TV e VE.
Elaborazioni Theorema per Fondazione Gianni Pellicani su dati Regione del Veneto e Corine Land Cover

 

I dati sull’uso del suolo, sulla quantità di suolo consumato, favoriscono la formulazione di strategie di gestione sostenibile del patrimonio paesistico ambientale per la salvaguardia del territorio. Come suggerito dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale “in molti paesi si fa strada l’idea di ridurre a zero le trasformazioni per usi non “biosferici” del territorio, dal momento che lo spazio del pianeta non è una risorsa rinnovabile, né sostituibile. In questo senso, in diversi ambiti internazionali, quali UNDP, OCSE ed EPA, sono in fase di sviluppo target specifici e modalità di azione. Già adesso numerosi accordi ambientali multilaterali prevedono incentivi (non-legally binding) per una conservazione di un uso del suolo naturale”.

La volontà e la necessità di dare maggiore spazio a queste tematiche è stata, nel nostro territorio, rafforzata con la delibera della Giunta Regionale n. 427 di aprile 2013 “Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC 2009). Adozione variante parziale con attribuzione della valenza paesaggistica. L.R.23 aprile 2004, n.11 – art. 25 e art. 4” con cui lo strumento regionale non solo cerca di rafforzare la Rete di Città, ma incentiva un uso consapevole del territorio e la sua salvaguardia attraverso criteri di sostenibilità ed un Piano Paesaggistico Regionale d’Ambito (PPRA).

Il Terzo Piano Casa del Veneto si prefigge il recupero del patrimonio edilizio esistente e la riqualificazione di fabbricati obsoleti privilegiando tutte quelle operazioni utili ai fini del risparmio energetico. A dicembre 2013 la Regione stima che le istanze riguardanti il Piano Casa si attestino intorno alle 70.000 con un impatto economico valutabile in circa 3 miliardi di euro. Circa il 95% degli interventi realizzati ha riguardato edifici ad uso residenziale con un aumento medio di circa 160 m3 per edificio. La strategia consolida però un sistema insediativo diffuso aumentandone esponenzialmente il volume.

Il nuovo piano incentiva, attraverso un premio in cubatura fino al 50% in più rispetto al volume esistente, azioni di demolizione e ricostruzione di edifici residenziali situati in zone a rischio idrogeologico anche se ricadenti in zona agricola, purché l’area non sia sottoposta a specifici vincoli di tutela. La demolizione e ricostruzione, per il miglioramento della qualità architettonica ed energetica, viene sostenuta con un premio in volume che può raggiungere fino l’80% nel caso di utilizzo di tecniche costruttive di bioedilizia. Il piano si pone come ulteriore obiettivo il sostegno delle necessità dei nuclei familiari numerosi, attraverso agevolazioni che riducono gli oneri per i permessi di costruire.

Uno strumento come quello del Piano Casa può avere quindi un ruolo importante per il rilancio dell’economia ma come rovescio della medaglia può portare, se non gestito correttamente, all’aumento di interventi speculativi. è necessario, quindi, che il Piano si confronti con la pianificazione del territorio che tiene conto delle sue vocazionalità e della sua organizzazione.

IL DIRITTO DI SUPERFICIE

Quando si parla di consumo di suolo e di patrimonio edilizio è utile una riflessione sul tema del “diritto di superficie” e su come esso abbia condizionato la politica fondiaria italiana.

In buona parte di Europa esiste una sistematica politica fondiaria in base alla quale si procede all’espropriazione dei terreni necessari ai nuovi insediamenti e alla creazione degli spazi per la vita sociale; solo una volta urbanizzati, e quindi resi edificabili, i terreni vengono ceduti agli operatori di mercato a prezzo maggiorato degli oneri sostenuti. Così è accaduto in quei casi di pianificazione esemplare che riscontriamo in Francia con le villes nouvelles o in Gran Bretagna con le new towns o ancora in città come Stoccolma, in Svezia, in cui il comune è proprietario di circa la metà della superficie territoriale e la sviluppa secondo regole e criteri mossi da una regia unitaria. Casi analoghi si riscontrano a Vienna e ad Amsterdam, città nelle quali il diritto di superficie è servito da incentivo per l’iniziativa privata e per calmierare i prezzi degli affitti. Questo approccio evita i modelli di speculazione selvaggia che in Italia hanno reso molto difficile una pianificazione territoriale efficace, in quanto l’ente pubblico mantiene il controllo delle operazioni e il valore aggiunto dei terreni -dovuto alla capacità edificatoria- resta alla comunità.

Inoltre la comunità non è necessariamente costretta a vendere i terreni agli operatori immobiliari privati, ma può utilizzare modalità alternative quali la concessione temporanea del diritto di superficie. In tale caso il pubblico mantiene la proprietà del suolo e gli operatori immobiliari godono dei diritti sulle costruzioni per un tempo stabilito (ad esempio nei paesi anglosassoni da 60 a 99 anni) al termine del quale gli immobili ritornano di proprietà pubblica. Questo sistema consente di superare la frammentazione proprietaria e di intervenire in modo pianificato su interi settori della città esistente.

In Italia, viceversa, pur esistendo il concetto di diritto di superficie, esso non è stato utilizzato in campo urbanistico. Il diritto di edificare è sempre rimasto connaturato al diritto di proprietà; questo ha provocato un mercato dei suoli gestito completamente dagli operatori privati e in cui il valore dei terreni è basato sulla loro capacità di produrre, innaturalmente, edifici.

È evidente che il modello dell’esproprio e dell’acquisizione preventiva dei suoli, al prezzo del terreno agricolo, oltre a colpire l’iniquo arricchimento impedisce l’ansia di speculare sulle aree fabbricabili consentendo alle comunità di pianificare le trasformazioni urbanistiche secondo le proprie reali esigenze. Sotto il profilo del patrimonio edilizio italiano la frammentazione dei suoli dovuta alle politiche urbanistiche rappresenta uno dei principali ostacoli a ipotesi di rottamazione del patrimonio esistente soprattutto nei centri urbani sviluppati tra il 1946 e il 1971. Intervenire attraverso il diritto di superficie sulle proprietà, secondo il modello anglosassone, faciliterebbe eventuali progetti di scala urbana per la rottamazione o riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente.


 

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> Qualità e crescita del patrimonio edilizio abitativo

 


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GLI ALTRI CAPITOLI DI ‘USO DEL SUOLO’:

> Un compito per la Metropoli

> Qualità e crescita del patrimonio edilizio abitativo

> Le energie rinnovabili nella Città Metropolitana di Venezia

> Riqualificazione energetica: due scenari

> Conclusioni agli scenari: incentivare il recupero

> I distretti del commercio

> Diritto alla città

> Criticità

> Enunciati prospettici

> Obiettivi e strategie /1: Rigenerazione urbana

> Obiettivi e strategie /2: Costruire il diritto alla città

> Obiettivi e strategie /3: Natura e spazio costruito: la visione integrata