Le 26.000 Partite IVA: un mondo in crescita nonostante la scarsa tutela sociale
Se passiamo al settore delle Partite IVA, le riflessioni che si possono fare sono ancora più importanti. In primis sono quasi 26.000 ossia il 19% del totale dei lavoratori dell’innovazione e della conoscenza.
Il loro trend è in forte crescita: se tra i lavoratori a tempo determinato/indeterminato e parasubordinato negli ultimi anni la crisi ha inciso in maniera molto lieve, le Partite IVA sono cresciute di oltre 7 punti percentuali e quelle afferibili al mondo dell’innovazione e della conoscenza rappresentano ben il 41% dei possessori di Partite IVA.
Una fetta importante dei portatori d’innovazioni è così sostanzialmente al di fuori dei recinti dello Stato sociale.
Inoltre per Partite IVA l’intera contribuzione INPS e l’Irap e molti altri oneri sono completamente a carico dei lavoratori.
Infine tra i professionisti con Partita IVA le ultime ricerche (P. De Nicola, 2014) denotano una vistosa disparità nelle retribuzioni,
relativa sia al genere (sfavorita la popolazione femminile) sia all’età anagrafica. Sotto i 25 anni d’età non si raggiungono i 10.000 euro, tra i 25-29 anni si superano di poco i 12.000 euro, tra i 30 e i 39 anni si sorpassano appena i 15.000 euro.
Le Partite IVA: la crescita nei diversi ambiti di specializzazione
La tabella n.5 (pagina seguente) mostra alcune delle principali tipologie di possessori di Partita IVA legati all’ambito dell’innovazione: quelle di cui è documentato il trend numerico tra il 2009 e il 2011 per l’intera Città Metropolitana.
Si tratta di un prospetto che mette in evidenza i forti tassi di incremento che contraddistinguono questo settore.
(clicca sulla tabella per ingrandirla)
Oltre 20.000 le sedi di impresa attive nel mondo dell’innovazione e della conoscenza
Ci siamo interrogati anche sul tessuto imprenditoriale/produttivo riguardante il mondo dell’innovazione e della conoscenza. Sono poco più di 1.866 le ditte individuali nei settori dell’innovazione e oltre 21.000 le sedi di imprese attive nella Città Metropolitana di Venezia. Un numero, quest’ultimo, che rappresenta il 9% del totale.
Gli equilibri già evidenziati tra le tre provincie vengono anche qui rispettati: le quasi 9.000 imprese padovane rappresentano oltre il 41% della Città Metropolitana.
(clicca sulla tabella per ingrandirla)
Il dato più significativo è che durante la crisi degli ultimi anni non ci sono significative riduzioni numeriche se non in specifici segmenti, per esempio quello delle attività degli studi tecnici di ingegneria e di architettura o delle attività di consulenza finanziaria. Sussiste invece una tenuta o una lieve crescita di molti altri segmenti; l’andamento generale è quello di uno piccolo sviluppo anche in anni molto difficili.
Comparando il dato delle imprese innovative a quelle afferenti il terziario tradizionale è evidente come le prime siano riuscite ad affrontare più efficacemente il contesto della crisi, in alcuni casi riuscendo anche a crescere.
I comparti più consistenti sono: informatica, attività ausiliarie dei servizi finanziari e assicurativi, attività di direzione aziendale e di consulenza gestionale, attività di ricerca e sviluppo, attività di ricerca scientifica.
Si vede che Padova sta assumendo una leadership triveneta sulla produzione video e cinematografica.
Venezia mantiene posizioni molto alte sia nelle attività editoriali e librarie (dove Padova cede), sia nelle performing arts e nelle arti visive. Crescono le società che si occupano di gestione dei beni culturali, di attività artistiche, creative e di intrattenimento, come pure le attività di ricerca scientifica e tecnica.
Treviso, pur partendo da valori assoluti molto più bassi, ha diversi segmenti in crescita, per esempio design e produzione di stile. Mostra però una caduta nelle società operanti nell’ambito culturale.
La ricognizione sulle imprese completa questa prima fotografia del mondo dell’innovazione nell’area metropolitana, di cui viene qui sotto presentato il prospetto riassuntivo.
Quanto è competitiva la Citta’ Metropolitana?
La questione dei rapporti e degli equilibri interni tra le diverse aree della Città Metropolitana è di secondaria importanza. La cosa di gran lunga più importante è capire quanto sia competitiva la metropoli nel suo complesso, soprattutto nel confronto con altre città metropolitane italiane.
Sono state prese a termine di paragone Milano – la città italiana tradizionalmente più votata all’innovazione – e Bologna. Su di loro si è misurato un parametro che ha valore paradigmatico: la densità imprenditoriale.
Ebbene, come illustra il grafico riportato in questa pagina, il raffronto svolto sull’indice di densità imprenditoriale (rapporto tra imprese attive e popolazione residente) presenta un saldo sostanzialmente negativo: la Città Metropolitana e anche le sue porzioni singolarmente prese hanno un importante gap da colmare.
La metropoli deve lavorare molto, se intende creare un ecosistema efficiente, capace di proiettarla tra le città innovative a livello italiano ed europeo. Milano ha un tasso di imprese innovative del 1,62%, ossia poco meno del doppio della Città Metropolitana che si ferma allo 0,85%. Anche in questo caso Padova è l’area più performante con un tasso dello 0,99% (superiore a Bologna ferma allo 0,97%), seguono Treviso con 0,85% e ultima Venezia con lo 0,71% .