3.6.3 Politiche sociali

3.6.3.1 La dimensione strategica

Nel campo delle politiche sociali si sta pagando duramente la diminuzione delle risorse disponibili da parte degli enti locali. A questo si aggiunge, per l’anno 2017, il taglio di oltre 200 milioni di euro al Fondo nazionale per le politiche sociali e per la non autosufficienza. Corrispondono a ciò linee di intervento contrassegnate dalla difficoltà di assicurare azioni integrate a beneficio dell’intero nucleo familiare, specie quando è toccato da problematiche complesse come la gestione di situazioni di non autosufficienza o disabilità grave. Per non parlare delle difficoltà che si riscontrano nel sostegno alla famiglia per il ruolo genitoriale. L’approccio per categorie resta infatti la prevalente modalità di affrontare le criticità sociali e col tempo si è assistito ad un maggior utilizzo delle risorse monetarie a scapito degli interventi da parte dei servizi o per mancanza di offerte da parte degli stessi. Occorre equilibrare l’offerta pubblica coniugando gli interventi di natura economica, concepiti in termini di universalismo selettivo, a precise progettualità, al coinvolgimento dei destinatari di misure di sostegno ai fini del più appropriato utilizzo delle risorse messe a loro disposizione. Accanto alla povertà assoluta, vi è la consapevolezza del fatto che nel tempo si è sviluppata in misura sempre più significativa anche la cosiddetta povertà relativa. A tale scopo i servizi vanno ottimizzati ed orientati al pieno sviluppo della dimensione tecnico-progettuale e del lavoro di rete. E per ciò stesso valorizzando ogni opportunità presente nel territorio, dalle risorse di vicinato all’associazionismo e al volontariato.

Nel contempo vanno individuati, anche nel sociale, livelli essenziali di garanzia, a tutela di situazioni accertate di bisogno, a partire dalla necessità di contribuire a mantenere il più possibile le persone a domicilio e al di sopra della soglia di povertà, attraverso interventi ove possibile finalizzati al superamento della dimensione meramente assistenziale. È necessario, cioè, promuovere un welfare che sia in grado di valorizzare al massimo le risorse disponibili, responsabilizzando le persone che beneficiano di aiuti nel rispetto di specifici impegni, in modo tale da aumentare di fatto il rendimento degli interventi stessi.

In quest’ottica la gravità della crisi con il forte aumento della povertà assoluta e relativa richiede che l’introduzione di un reddito di inclusione, approvata dal Governo, possa rappresentare, in sede attuativa, per la più ampia platea di beneficiari, la concreta disponibilità di un reddito minimo di contrasto alla povertà che si caratterizzi come misura strutturale e quindi come Livello Essenziale. Un reddito minimo garantito che sia collegato a impegni e servizi finalizzati a orientamento, formazione, ricerca di occupazione, cura e promozione della salute, istruzione dei minori fino almeno al completamento della scuola dell’obbligo.

Per quanto riguarda i livelli essenziali di garanzia, la mancata attuazione delle previsioni costituzionali in materia rischia di compromettere la possibilità di realizzare un sistema uniforme su tutto il territorio nazionale come pure nelle singole regioni. La carenza di risorse da destinare allo scopo appare, infatti, in contrasto con il riconoscimento di diritti esigibili, ma, poi, di fatto, non sostenibili in termini di spesa, livelli intesi non solo come prestazioni, ma anche nella dimensione dell’esercizio di diritti di cittadinanza, civili e sociali, che chiamano in causa nel senso più ampio le politiche pubbliche.

A maggior ragione le prospettive di un welfare generativo, come evidenziato anche dalla ricerca della Fondazione Zancan, presuppongono la capacità di dare nuovo significato e reinvestire le risorse a disposizione con l’imprescindibile, attivo e consapevole coinvolgimento delle persone, dando ulteriore valore al lavoro sociale a beneficio dell’intera collettività.

3.6.3.2 Ruolo dell’ente locale

Compito dei Comuni, pertanto, dovrebbe essere quello di promuovere azioni integrate in forma di gestione associata, in particolare con riferimento agli ambiti di competenza delle Aziende ULSS, cui oggi è prevalentemente delegato l’esercizio delle funzioni sociali ad alta integrazione sociosanitaria. La necessità di avere delle politiche sociali unitarie potrebbe trovare nel distretto delle nuove Aziende ULSS l’ambito ideale di aggregazione dei Comuni titolari della funzione e nella Conferenza dei Sindaci di distretto lo strumento operativo e di gestione.

La scelta di una gestione associata non può prescindere dal porre il tema del finanziamento che trovi nel sistema solidaristico a quota capitaria lo strumento in grado di rispondere al meglio alle esigenze comuni del territorio di riferimento previe intese sulla quota a carico delle Aziende ULSS per gli ambiti di competenza.

Il recupero della dimensione sociale propria di ciascun Comune, in termini inclusivi e partecipativi dovrebbe caratterizzarsi nella ricerca di condizioni in grado di contrastare efficacemente vecchie e nuove aree di emarginazione, esito anche di taluni provvedimenti regionali con cui si privilegino, ad esempio, i residenti di più lunga data nell’accesso a servizi essenziali come quelli educativi e abitativi, promuovendo ogni possibile azione sussidiaria, espressione delle risorse proprie di ciascuna comunità.