3.3.2 Venezia città universitaria: il contesto
Al toponimo Venezia sono oggi associate mille e più visioni, ma nessuna interpreta Venezia come città degli studi, città della formazione, città della scienza, città dell’innovazione. Eppure sono tutti complimenti di specificazione che rimarcano obiettivi strategici ben chiari alla classe politica locale per lo meno degli ultimi quarant’anni. Citatissimo, ad esempio, Idea di Venezia convegno dell’istituto Gramsci del 1988 che aveva due interventi sul tema (Paolo Perulli, Venezia Città della scienza? Condizioni per l’insediamento di una moderna comunità scientifico-tecnologica e Il dibattito sull’Università di Venezia di Innocenzo Cervelli), ma già prima molti avevano affrontato il tema con accenti differenti come Bruno Visentini e Giuseppe Mazzariol, solo per ricordare le riflessioni più note.
Del resto la presenza dell’università a Venezia è recente: nel 1868 nasce Ca’ Foscari, lo IUAV risale al 1926 solo per focalizzarsi sulle due più note1. Se quindi guardiamo a Bologna e Padova sono secoli di storia ed esperienza che mancano. Ma allo stesso tempo, se prendiamo ad esempio alcune grandi università del mondo occidentale come il MIT (Cambridge-Boston) che è del 1861, o Stanford (Santa Clara-San Francisco) del 1891, Venezia ha un gap ridotto. Venezia è comunque più nota per il consumo, o almeno per esibire, della creatività, basti pensare alle grandi istituzioni culturali capaci di importanti attività di carattere internazionale che si avvalgono in minima parte delle strutture di ricerca locali.
Venezia risente degli scarsi investimenti nel campo della formazione e della ricerca che contraddistinguono il Paese Italia tutto. L’università ha vissuto in questi anni fasi complesse e contraddittorie: dalla “autonomia”, che sembrava dover dar slancio allo sviluppo della ricerca e della formazione, alla crisi finanziaria che ha portato a tagli consistenti con conseguenze profonde, solo in parte giustificate dal dissesto economico-finanziario del sistema Paese che si è tradotto in tagli lineari che hanno colpito indistintamente la Pubblica Amministrazione. Inoltre abbiamo assistito alla moltiplicazione di atenei e sedi decentrate, che sembravano voler valorizzare le potenzialità locali, favorendo la diffusione della formazione superiore (anche per qualificare il mercato del lavoro), ma si sono dimostrare ben altro. Intanto cresce il numero di laureati che non riesce ad accedere al mondo del lavoro, e non solo per l’attuale congiuntura economica negativa. Anche le università veneziane, a partire dalle due più importanti, Ca’ Foscari e IUAV non sono riuscite a produrre i risultati sperati. Due atenei peraltro che vivono un presente assai diverso, più appannato lo IUAV come dimostra il calo delle immatricolazioni, più dinamica Ca’ Foscari che si affida anche ad enti strumentali, come la Fondazione Università Ca’ Foscari o il Distretto Veneziano della Ricerca, proprio per vivacizzare il rapporto con la città. Il rapporto tra università e città non si può certo esaurire in termini di classe dirigente ossia professori impegnati in ruoli di governo in città (incarichi non solo declinati in termini di amministrazione pubblica, ma anche nella guida di fondazioni, associazioni, enti intermedi, ecc.). L’università può far parte della città in molti modi e gli scambi dovrebbero essere durevoli e profittevoli su più livelli. Ad esempio eventi culturali aperti alla cittadinanza, ma anche dotazione di servizi di diverso tipo dedicati in primis agli studenti, ma che possono in alcuni casi essere aperti a tutti i cittadini (basti pensare a luoghi tipici del diritto allo studio – mense, biblioteche, archivi, ecc.); indotto diretto in posti di lavoro delle strutture universitarie; presenza infrastrutturale dell’università, non solo per ciò che concerne aule didattiche, ma anche servizi aperti alla città (auditorium, teatri, cinema, strutture sportive); attività economiche legate a soddisfare la presenza degli studenti; attività economiche e non legate all’iniziativa stessa degli studenti in forma autonoma o in forma assistita da strutture universitarie2. Insomma le ricadute possono essere molteplici e ognuno di questi ambiti meriterebbe studi approfonditi e comparazioni con le best practices europee e internazionali per poter disegnare politiche adatte ai diversi scopi individuati. Un problema non solo veneziano: “Sebbene se ne parli molto e da tempo, caratteri ed effetti del rapporto tra università e città restano indeterminati e le implicazioni dei loro circuiti virtuosi, o piuttosto le conseguenze dei loro cortocircuito, rimangono poco chiare”3. Forse a Venezia più che altrove? Parrebbe se “Urbanistica” in tre numeri (149-150-151, 2012/2013) che riflettono sul tema qui affrontato, ha proposto focus sull’Emilia-Romagna, sulla Sicilia, su Milano (tre articoli), su Bologna, su Roma e su Venezia nessuno se non una intervista all’ora rettore di Ca’ Foscari Carlo Carraro sulla Fondazione Univeneto4che si sostanzia in una cartella scarsa. Disattenzione dei curatori o in comparazione ad altre realtà italiane il rapporto è più labile?
Non solo, a complicare un rapporto già difficile da leggere e interpretare, a Venezia gli studenti sono spesso vissuti come fonte di disagio. Per molti gli studenti sono responsabili, assieme ai turisti, delle forti distorsioni nel mercato immobiliare veneziano. Altro tema all’ordine del giorno è la difficile convivenza nella fruizione degli spazi della città spesso sottacendo quanto alcuni interventi in città storica hanno prodotto in termini di rigenerazione di aree come Santa Marta o San Giobbe o in via Torino a Mestre, un intervento che, nonostante abbia richiesto anni per essere completato, mal affronta il tema dell’accessibilità della nuova sede universitaria che rischia di essere tanto estranea a Mestre quanto alla comunità studentesca domiciliata a Venezia e a Mestre stessa. Il rischio è ridurre e semplificare importanti investimenti a letture che ne limitino l’impatto tendendo solo apolitiche volte a processi di valorizzazione di rendite fondiarie o a operazioni capaci di incidere unicamente sull’andamento del mercato immobiliare.
Inoltre le attività di ricerca svolte a Ca’ Foscari e allo IAUV, dalle tesi di laurea ma soprattutto ai dottorati di ricerca e alle attività svolte dal personale decente, generano moltissima conoscenza sulla città nei campi più disparati, eppure questa conoscenza fa fatica ad affermarsi in contenuti conosciuti e fruibili dalla città. Un immenso patrimonio che raramente riesce ad essere parte del dibattito pubblico, ma che aiuterebbe ad individuare politiche congrue rispetto agli obiettivi immaginati o abbozzati dalla comunità veneziana nel suo complesso. Lo iato inoltre sembra aumentare sempre più nonostante i tentativi di alcuni corpi intermedi ed enti funzionali per cercare di avviare un dialogo come la Camera di Commercio. Si pagano inoltre scelte fatte di recente come la chiusura di uno strumento quale il COSES, un ponte tra accademia e governo della città che attraverso ricerche applicate all’ambito metropolitano riconducevano gli studi accademici calandoli in maniera precisa e puntuale sul territorio metropolitano. Probabilmente un errore se si pensa che, nato nel lontano1967, aveva come obiettivo quello “di condurre analisi, studi, progetti finalizzati all’attività delle amministrazioni pubbliche”5e un respiro provinciale e metropolitano molto forte. Non è un caso che fosse nato da un’idea di uno degli intellettuali-politici che nel secondo Novecento veneziano hanno meglio interpretato il “doppio” ruolo: Giuseppe Mazzariol. Altra scelta difficile da comprendere è stata il continuo depotenziamento di referati e strutture interne alla Pubblica Amministrazione come quello legato alla Pianificazione Strategica che, dai momenti di grande importanza e vitalità dell’inizio degli anni Novanta, è via via stato depotenziato fino a scomparire del tutto. È assai curioso che proprio due strumenti pensati per ragionare in termini di area vasta e con visione strategica, due strumenti tra loro complementari, siano stati abbandonati proprio quando è nata la Città Metropolitana.
1 Venezia ospita anche l’Accademia di Belle Arti, l’EIUC (European Inter-University Centre for Human Rights and Democratisation), la VIU (Venice International University) e la Facoltà di Diritto Canonico San Pio X. In terraferma è attivo lo IUSVE (Istituto Universitario Salesiano Venezia).
2 Michelangelo Savino, “Venezia e l’università, un innesto proficuo?”, in Venezia chiama Boston, Maurizio Busacca, Lucio Rubini (a cura di), Venezia, 2016, pp.39-52.
3 Nicola Martinelli, Università e territorio per una diversa competitività, in Urbanistica, 149, 2012, pp. 6-11.